«Io i miei obiettivi so dove realizzarli: voglio vivere in Italia!»

Per la serie di quelli che hanno deciso di rientrare in Italia, oggi Arrivederci Italia intervista Veronica: una ragazza che sì, ha provato l’esperienza di vivere all’estero ma ha deciso, soppesandone pro e contro, di tornare a vivere in Italia. Perché è qui che ha deciso di stare. Ecco la sua storia.

Ciao Veronica! Dicci di più di te: chi sei?
Una dottoranda di quasi trent’anni, logorroica, facile alla polemica, con tante crisi alle spalle, voglia di libertà, molta riflessione e soprattutto sufficiente ostinatezza. Vivo a Velletri la sera e il fine settimana, mentre nelle ore diurne sono romana; con tutti i pro e i contro che essere romani significa; e, soprattutto, con tutti i contro della pendolarità.

Velletri paesaggioCome mai vuoi rimanere in Italia?
Potrei rispondere semplicemente quanto segue: perché è la mia patria. Ecco, già mi vedo accusata di fascismo o fanatismo nazionalista. Assolutamente no. Credo che questo mio amore sia dovuto anche (ma non solo) alla storia della mia famiglia. Il mio bisnonno è stato un bracciante (come tutti i miei nonni e come i miei genitori); nei primi decenni del Novecento ha lavorato la terra a mezzadria. Con il suo lavoro e quello dei suoi figli, nel 1921 riuscì a riscattare la terra su cui oggi vivo. Affisse una targa sulla casa / capanna di allora; targa che ancora oggi ci ricorda l’orgoglio con cui la fece iscrivere: “Libera proprietà di XXXXXXXXX Augusto”.
Forse è proprio questa storia, questo stretto legame dei miei genitori e familiari con la terra, questa mia origine contadina che spiegano, in parte il legame. 

Quindi principalmente motivi familiari o ci sono state altre cause e concause?
Ma, come accennavo, non è solo questo. Devo ammetterlo: io amo l’Italia. Amo la sua bellezza naturale e culturale. È per questo che quando la vedo deturpata, a parole o con i fatti, mi arrabbio: non riesco ad essere ironica, sarcastica, come vedo fare a molti altri. E se gli italiani la umiliano è come se i miei fratelli umiliassero i miei genitori. Insomma il mio è un legame viscerale.
Sintetizzando: voglio vivere in Italia perché mi sono nutrita principalmente d’Italia. Se devo faticare per vivere, preferisco farlo nel mio paese. Non è detto però che vi rimanga per sempre. Gli eventi della vita ci cambiano. Per ora sono contenta di essere in Italia e cercherò di rimanere qui; vedremo se la penserò così anche tra qualche anno.

C’è stato qualche momento di particolare sconforto nel quale ti sei detta ora mollo tutto?
Oh se c’è stato! Tutto ciò che ho detto finora è frutto di una riflessione avvenuta lungo i sei mesi vissuti in Irlanda, in un village vicino Galway. I sei mesi più atroci della mia vita: ho fatto i conti con la solitudine, con chi ero e chi ero stata, con i miei legami in Italia. Sono partita nel 2014. Ero stanca di ciò che avevo vissuto; mi sentivo affaticata e senza alcun tipo di speranza per il futuro. Vedevo me e i miei amici correre verso mete mai definitive, sempre incerte: una sorta di raccolta punti che non finiva mai, tanto per “fare esperienza”, perché “fa curriculum” (ma quanto doveva essere lungo questo curriculum e di quali esperienze?). Vedevo e vivevo lavori mai certi, in nero, per cui si chiedeva tanto ma non si dava niente; e mai che fossero lavori relativi alla propria formazione! Il momento di sconforto non è stato un momento: ho avuto anni di sconforto! Tutto è iniziato durante la tesi per la laurea triennale; portai avanti con grande fatica quella magistrale. Dopo la seconda laurea sprofondai nella depressione. Mi sentivo stanca e confusa, completamente persa.

E quindi poi hai deciso…
Cercavo una soluzione e continuavo a non vederla. Avevo voglia di liberarmi da tutto questo. L’ho fatto.
Un martedì decisi che sarei partita; ero decisa ma disillusa. Non sapevo l’inglese e volevo impararlo. Non avevo soldi: per partire avrei avuto bisogno di un lavoro. Scoprii l’au-paring su internet. Compilai i moduli necessari per propormi come au-pair su un sito internazionale e dopo quattro ore ricevetti un’e-mail da una famiglia irlandese. Dopo due settimane ero a Galway. Sono stati sei mesi intensi, in cui capii che volevo vivere la mia vita in Italia; capii che ero finalmente decisa a prendermi le responsabilità dei miei desideri, fino alla fine, senza paura di fallire. E se avessi fallito, amen! Avrei ricominciato di nuovo. Misi qualche soldo da parte e tornai a casa: ma non mi sentii sconfitta. Fui felice perché finalmente avevo capito, avevo deciso, avevo ritrovato la mia casa. Da lontano tutto si fa più limpido, più netto. Ero scappata dall’Italia per avere più possibilità di realizzare i miei obiettivi e poi là ho capito che l’unico posto dove davvero volevo realizzarli era quello stesso posto che avevo lasciato e di cui ero tanto stanca.

Perché pensi che un giovane dovrebbe rimanere in Italia invece che andar via? Quale vantaggio ne otterrebbe o ne ottiene?
Non credo che un giovane dovrebbe rimanere in Italia, né che dovrebbe andar via. Vantaggi e svantaggi sono del tutto soggettivi. Penso che ognuno debba decidere autonomamente, rispetto alle proprie necessità: pratiche e sentimentali. Ho incontrato molti italiani che sono felici all’estero; ne ho incontrati moltissimi che non lo sono. Dipende dalla propria individualità.

Cosa pensi dei cervelli in fuga? Si tratta di una necessità o di una scelta?
Penso che si tratti di entrambe le cose. Talvolta l’esasperazione porta a rendere necessaria una scelta. Se un cervello si vede umiliato e ignorato, è chiaro che cerchi altri canali di espressione. Se questi canali sono all’estero, perché non andare? Certo è che l’Italia dovrebbe avere il cervello di tenerseli a casa!

Come ti vedi da qui a 10 anni? Ancora convinta delle tue posizioni?
Questa domanda è proprio da colloquio di lavoro! Non rispondo però come fossi a colloquio: sarò molto più sincera. In dieci anni può accadere di tutto! Anzi, in un attimo può accadere di tutto.
Siamo così fragili che tra dieci anni potrei essere già polvere; potrei essere madre, potrei essere una zitella gattara o addirittura potrei essere diventata un’eremita, in una baita, con la barba, come il nonno di Heidi. Non posso dirti se sarò ancora convinta delle mie posizioni. Posso parlare di ora, di quella che sono oggi, ma non delle convinzioni che avrò domani. Saranno situazioni diverse e io agirò secondo le condizioni fisiche, mentali, sentimentali in cui le vivrò.

Felice della scelta? La rifaresti?
Assolutamente sì. Rifarei tutto: tornerei in Irlanda perché solo là ho compreso cosa volevo davvero; tornerei in Italia perché qui alla fine sono riuscita a fare il primo passo completamente consapevole verso la vita da adulta che desidero. Le cose sono andate così perché per me era necessario che andassero così. Sul passato posso essere un poco più certa della risposta: che Freud mi perdoni l’audacia di una tale affermazione!

Grazie mille a Veronica per il tempo che ci ha dedicato e per il suo bellissimo ed esauriente racconto pieno di amore per l’Italia (oltre che per le splendide foto che ci ha passato! 🙂 ).

Velletri piazza fontana